Il mio mercoledì mattina è cominciato così: macchina del caffè accesa, biberon di latte a scaldare…e news mega galattica dal Twitter account di @PamBoy (fashion critic per Love Magazine e The Perfect Magazine, nonché fonte inestimabile di gossip legati al mondo della moda).
STOP EVERYTHING YOU ARE DOING BECAUSE KIM JONES IS NOW THE NEW ARTISTIC DIRECTOR OF THE WOMEN’S COLLECTIONS FOR FENDI.
— @PAM_BOY (@pam_boy) September 9, 2020
Per quanto non ami utilizzare gerarchie classiste quando si parla di fashion designer, se esistesse una piramide, ad oggi Kim Jones avrebbe diritto a godersi la vista dell’Olimpo. Essere a capo di non uno, ma ben due storici marchi del lusso come DIOR Men e FENDI , nello stesso momento non è una cosa all’ordine del giorno.



Tuttavia c’è un precedente: vi dice qualcosa il nome Karl Lagerfeld
Nella sua lunga ed impressionante carriera, il creativo e fotografo tedesco, ha portato a avanti simultaneamente la narrativa di CHANEL, di cui ha ricostruito e consolidato l’immaginario fin dal suo primo defilé nel 1983, che di FENDI, collaborando con la famiglia fondatrice fin dal 1965.



La morte di Karl Lagerfeld ha lasciato sicuramente un grande vuoto nel mondo della moda ed ha richiesto a CHANEL tanto quanto a FENDI un inevitabile reset a livello artistico: mentre Virginie Viard zoppica alla guida di CHANEL (in bilico tra commerciale e banale), Silvia Venturini Fendi ha trovato la forza di far emergere la sua visione, incantevole nell’haute couture quanto audace e ammaliante nel prêt-à-porter.
Alla luce di tutto ciò, il fatto che FENDI sembri dimostrare di saper camminare con le sue gambe, a mio avviso, rende forse più insolita la nomina di Kim Jones.
Considerando il grande successo (sia commerciale che di critica) delle sue collezioni per DIOR Men, in perfetto equilibrio tra modernità, storia e lusso, ed indossate in egual misura da uomini e donne, avrei fatto carte false per vederlo alla guida dell’intera maison Dior, sostituendo così Maria Grazia Chiuri…benché anche quest’ultima dimostri un discreto successo commerciale sulla linea donna (anche se a livello di critica la magia sta svanendo). Invece eccolo qui, pronto ad approdare a Roma per prendere le redini della linea donna di FENDI, mentre a Silvia Venturini FENDI resta il controllo sulla linea uomo e sugli accessori. (gallery: celebrity in Dior Men)
Tutti pazzi per Kim Jones
Kim Jones si aggiunge alla rosa di designer stranieri invitati a ravvivare con il proprio punto di vista diverse case di moda italiane, pensiamo a Jeremy Scott e Moschino, Daniel Lee con Bottega Veneta o più di recente Raf Simons con Prada (e potremmo anche aggiungere i rumors su Riccardo Tisci in Versace).
Che Kim Jones sia la persona giusta per FENDI non lo dicono solo illustri critici ed esperti del settore: l’appeal giovane e originale dei suoi capi, dove non manca un occhio di riguardo per l’alta sartoria, è il mix vincente che ha decretato e consolidato il suo successo a livello internazionale. Kim Jones piace ma soprattutto vende…il che la dice lunga sulla scelta di FENDI ed LVMH.
Report vendite a parte, tra degli aspetti che più ammiro in Kim Jones come designer, ci sono la sua intelligenza creativa nel rielaborare con rispetto importanti archivi storici (come dimostrano sia il suo lavoro in Dior, che la sua passata esperienza in Burberry) e la sua capacità di capire il significato di lusso, dove qualità dei tessuti e alta sartoria non devono diventare un aspetto secondario.
Se aggiungiamo una predisposizione innata al lavoro di squadra, dialogando con artisti e professionisti di diversa provenienza, capirete perché la stima nei suoi confronti sia alle stelle.
Basta guardare alla sua collezione e di debutto in DIOR Men, dove non ha esitato a collaborare con Matthew Williams (di Alyx, ora in Givenchy) per includere le sue famose fibbie negli accessori della collezione: se vi sembra banale, pensate che oggi giorno moltissimi designer preferiscono spacciare per proprie le idee di altri senza quindi citare il vero autore.

Un altro esempio a me molto caro viene dalla collezione DIOR Men spring summer 2021, realizzata in collaborazione con il famoso pittore ghanese Amoako Boafo e presentata in formato digitale lo scorso luglio.
Quello che superficialmente sembra un tempestivo espediente di marketing all’indomani delle proteste per il BLM, è invece frutto di una amicizia e di un lavoro nato ben prima della pandemia covid-19 e dei movimenti sociali annessi al periodo attuale.
La collezione è una fusione perfetta tra i dipinti di Amoako Boafo e i canoni di DIOR, mentre la presentazione dimostra come sia possibile perdere ispirazione da un’artista africano senza scadere in stereotipi o banalizzazioni.
Grandi poteri, grandi responsabilità.
Benché sia un grande onore guidare due case di moda così imponenti, lo sforzo creativo richiesto a Kim Jones non è assolutamente indifferente.
In un momento dove famosi designer chiedono al sistema moda di rallentare la sua corsa nel rispetto dei temi di sostenibilità ambientale, ma soprattutto creativa, ecco un creativo a cui viene chiesto palesemente il doppio del lavoro (anche se a corredo c’è la soddisfazione di un doppio stipendio non indifferente e un grande prestigio sociale) …come se non ci fosse nessun altro adatto al ruolo.
Con ciò forse si evidenzia il piccolo lato oscuro di questa nomina: in un’epoca storica in cui temi come l’inclusione emergono con gran forza, mentre una pandemia rischia di mettere in ginocchio aziende indipendenti che non possono contare sul sostegno di grandi conglomerati miliardari alle spalle…non sarebbe stato più saggio aprire le porte ad un talento emergente, che avrebbe così avuto l’opportunità di farsi un nome?
Un’alternativa: Dapper Dan
A suggerire un a valida alternativa a Kim Jones è Shelby Cheristie (@bronze_bombshell), giornalista ed esperta di storia della moda, che al designer inglese avrebbe preferito Dapper Dan, non propriamente un emergente alle prime armi, ma un talento in linea con l’estetica più street di FENDI, che in fin dei conti prende linfa vitale da un’estetica nata grazie alla black culture e allo stesso Dapper Dan.
Se il nome di Dapper Dan vi suona familiare è perché ricorderete il grande strafalcione di Gucci nel 2017 , a seguito del quale per richiesta popolare è nata una collaborazione tra Gucci e Dapper Dan: in questa breve video intervista registrata per Vogue, lo stilista americano racconta il suo travagliato rapporto con l’industria della moda e la recente collaborazione con Gucci.