Sognare in grande.
Per alcuni è un’esigenza vitale, il combustibile necessario a metterli in moto.
Per altri è il brivido di un momento, come un fuoco d’artificio che va ammirato da lontano.
Per molti altri è invece un’inutile distrazione dalla concretezza del presente.
A quale gruppo pensate di appartenere?
Provate a fermarvi un secondo e ad osservare ciò che vi circonda: non è forse vero che dietro ad ogni oggetto, servizio o conoscenza a cui abbiamo accesso, c’è sempre stato un “pazzo” sognatore o sognatrice che ha trasformato in realtà un’audace intuizione?
Audace perché il sogno e sempre classificato come impossibile…finché qualcuno non riesce a realizzarlo.
Come mai?
Perché sognare è facile, possiamo farlo tutti e non costa nulla.
Lottare per realizzare quei sogni, crederci anche quando il mondo intero sembra remarti contro, rappresenta invece una sfida che pochi sanno e vogliono cogliere.
E quelli che riescono nell’intento non vengono più visti come dei pazzi visionari o dei perdi-tempo, oh no, diventano eroi e mentori, una vera fonte d’ispirazione.
Succede ovunque, in ogni settore, non da ultimo il grande e complesso mondo della moda, che esiste solo grazie ad una ricca schiera di sognatori, che con le proprie idee ne hanno scritto e scrivono tuttora la storia.
Una storia fatta di idee rivoluzionarie e audaci, che con il tempo hanno influenzato l’aspetto e la mentalità della società in cui viviamo.
Il progetto moda di cui vi parliamo oggi parte proprio da un’idea tanto audace quanto impossibile; un’idea che concretizzata potrebbe davvero influenzare positivamente la nostra società.
Si dice che la moda abbia il potere di unire mondi lontani, il più delle volte con la fantasia…ma se potesse farlo in maniera più concreta? Se potesse costruire dei ponti che permettono a questi due mondi di incontrasi e conoscersi veramente, dando vita a qualcosa di buono quanto una famiglia?
Non stiamo descrivendo un idea astratta, ma un progetto reale con un cuore pulsante, che attraverso la moda cerca di trasformare i sogni in realtà; un progetto che ha visto la luce solo grazie ad una giovane donna che non ha avuto paura di sognare in grande.
Lei è Francesca De Gottardo e il suo progetto si chiama ENDELEA : Dream bold.
Se avete a cuore il binomio moda & etica, allora dovete assolutamente conoscere questo brand, che ha radici tanto in Italia quanto in Tanzania.
Endelea propone capi e accessori dai colori vibrati, realizzati con i famosi tessuti wax tipicamente africani, ma con un design ed un gusto europeo.
La particolarità di Endelea?
Due team che lavorano in sinergia continua, uno in Italia e uno in Tanzania, per realizzare un ambizioso progetto comune: stimolare nel lungo periodo lo sviluppo di un’industria moda anche in Tanzania, dove al momento è pressoché inesistente.
Abbiamo incontrato Francesca De Gottardo a Milano lo scorso inverno e con grande fatica abbiamo mantenuto il segreto sulla nostra piccola intervista, nell’attesa del lancio della nuova collezione.
Finalmente quel giorno è arrivato e non potremmo essere più felici di condividere con voi la storia e la filosofia di questo giovane brand, che ha saputo rapirci non solo gli occhi, ma anche il cuore e la mente.
Stella: Nella mia esperienza ho notato che generalmente ogni grande progetto spesso ha avuto origine da un aneddoto più o meno singolare; qual è stato il tuo?
Francesca: Oh lo ricordo molto bene, dobbiamo tornare al Natale del 2016.
In quel periodo mi trovavo in Zambia, un viaggio di cui sentivo il bisogno per dare respiro alla mia anima. Passeggiando per il mercato mi sono imbattuta in queste bellissime stoffe e presa dal momento ho pensato di acquistarle per farmi cucire una gonna da una sarta locale, conosciuta nell’ostello in cui alloggiavo.
Ricordo di non essermi soffermata su dettagli particolari quando le ho commissionato il lavoro, quindi quando sono tornata da lei per ritirare la gonna ormai finita, avrei dovuto essere pronta alla cocente delusione che avrei provato. Nonostante la buona esecuzione, la qualità della stoffa e l’impegno della signora, avevo tra le mani un capo che non avrei mai indossato veramente, perché non seguiva i canoni estetici a cui ero abituata.
Da qui è partita la riflessione “E’ possibile abbinare questi bellissimi tessuti ad un design che risulti attraente anche in Europa?”. Una domanda che molti si sono fatti prima di me, quindi ho iniziato a fare delle ricerche per capire come gli altri avevano risposto a questa domanda.
Stella: Ma rispetto allo standard, tu sei riuscita a dare una sfumatura più profonda a questa riflessione.
Francesca: La premessa che mi sono posta fin dall’inizio era molto chiara, non volevo essere l’ennesima persona che semplicemente va in Africa, prende le stoffe e ne fa ciò che vuole. Un’interazione a senso unico. La chiave della mia riflessione era creare invece un’interazione circolare, una collaborazione attiva, uno scambio di competenze e conoscenze con queste persone.
Un modo per dare qualcosa in cambio.
Stella: Come hai scelto poi di sviluppare il progetto in Tanzania e come hai pensato di concretizzare questo “dare qualcosa in cambio”?
Francesca: Tornata dal mio breve viaggio in Zambia ho cominciato a fare ricerche su ricerche per capire come dare forma alla mia idea. Ero tornata dall’Africa a Dicembre 2016 e per Luglio 2017 ero pronta a licenziarmi e a ripartire per gettare le basi della mia start-up. Ho scelto la Tanzania inizialmente per familiarità, avendo vissuto lì per un periodo anni prima, ma poi perché si è rivelata la meta perfetta per il progetto che avevo in mente. Infatti la moda intesa come industria, non esiste in Tanzania.
La popolazione importa abiti dalla Cina oppure abiti usati dall’Europa che vengono rivenduti nei mercati locali. La produzione interna è affidata a piccoli sarti che confezionano abiti su richiesta solo in occasioni speciali come matrimoni. Non esistono corsi di laurea legati alla moda in tutto il Paese: chi vuole studiare fashion design deve lasciare lo Stato e andare in Kenya.
Ho parlato con molti giovani desiderosi di approcciarsi al fashion design in maniera più matura, affascinati da ciò che vedevano in rete, ma gli strumenti a loro disposizione per realizzare questo sogno erano praticamente nulli.
Ho pensato quindi che nel mio piccolo, il mio progetto poteva aiutare a stimolare l’avvio di un settore moda autonomo.
Francesca: Avrei acquistato e fatto lavorare le stoffe wax direttamente in Tanzania, sulla base di design sviluppati in Italia. I capi realizzati sarebbero stati poi venduti in Europa e il ricavato delle vendite sarebbe stato reinvestito in Tanzania.
Nel breve periodo per creare dei workshop che aiutassero i giovani interessati ad avvicinarsi al fashion design; nel lungo periodo l’ambizione sarebbe stata quella di sviluppare un corso di laurea in fashion design, fornendo così ai ragazzi del posto gli strumenti adatti per realizzare il proprio sogno.
Stella: Tutto ciò che ci ha raccontato finora è davvero sorprendente, quello che ci descrivi è un progetto decisamente nobile, ammirevole e sicuramente complesso. Una curiosità: come avete sintetizzato il tutto nella parola “ENDELEA”?
Francesca: A livello letterale “Endelea” è un verbo che in swahili significa “andare avanti, non fermarsi”. Quando abbiamo iniziato il brainstorming per la ricerca del nome sapevamo di volere un bel suono dolce, che rimandasse all’immaginario femminile, facile da pronunciare e ricordare, ma soprattutto con un significato.
Abbiamo quindi pesato di arricchire il significato di Endelea abbinando il concetto del sognare in grande, da qui “ENDELEA: Dream Bold”.
Questo semplice abbinamento sottolinea la mission del brand, ovvero aiutare persone dall’altra parte del mondo a realizzare un sogno “bold”, per il quale diversamente non avrebbero gli strumenti; nel caso specifico, studiare moda per dar vita ad un settore economico inesistente nel proprio Paese.
Stella: Mi piace pensare che questa intervista possa essere utile ad un lettore, che abbia per la testa un progetto simile, anche se in ambito diverso, e dalla tua testimonianza possa trovare l’ispirazione e il coraggio di lanciarsi. Tuttavia sono una che non rinuncia alla prudenza, quindi meglio lanciarsi con il paracadute: a tal proposito vorrei quindi sapere…quali ostacoli hai trovato sul tuo cammino?
Francesca: Credo che il primo step, comune a chiunque voglia buttarsi in qualcosa di diverso dall’ordinario, sia affrontare i vari “non ce la farai mai”, offerti da una schiera di persone (spesso anche quelle più care) che cercano di spaventarti e sminuire il tuo entusiasmo fin dall’inizio.
Se ti lasci fermare a questo stadio, non ci proverai mai: nel mio caso ringrazio il mio carattere per aver saputo trasformare questi freni nel carburante che mi ha spinto ad andare avanti.
Superato questo è ovvio che non è tutto rose e fiori.
Gli ostacoli in un progetto di questa natura sono per definizione infiniti, dagli aspetti burocratici a quelli amministrativi o semplicemente culturali.
Tuttavia credo che la sfida vera si giochi su come li si affronta.
Quello che ho imparato e continuo ad imparare dalla mia esperienza è affrontare le difficoltà passo-passo, un problema alla volta. Non cercate di fare tutto e subito, ma soprattutto sappiate che non dovete affrontare tutto sempre da soli.
I problemi di una start up sono enormi, non ci dormi la notte, un po’ come un figlio; ma proprio come con un figlio quando la fatica viene condivisa, è tutto più facile.
Quindi il mio consiglio è “non abbiate paura di condividere la vostra idea con altre persone”, perché ciò non significa farsela rubare, ma trovare il sostegno necessario a svilupparla. Se riuscite a portare altre persone a credere nel vostro progetto, tanto da volerlo realizzare assieme a voi, potete creare una vera squadra.
Uno scambio sinergico di informazioni e competenze, alimentato dalla passione e dalla determinazione a raggiungere un obiettivo comune: questa è la forza di Endelea e il motivo per cui non associo mai il progetto solo alla mia persona, ma a tutto questo bellissimo team.
Stella: E hai ragione, il lavoro di squadra, quando è ben coordinato, diventa la vera risorsa su cui si basa la sopravvivenza di progetto. Endelea fa giustamente le cose in grande e coinvolge quindi non uno ma ben due team in due nazioni diverse. Come sono organizzati i due gruppi e come riuscite a fare tutto?
Francesca: La produzione dei capi e degli accessori Endelea avviene in Tanzania a Dar es Salaam, dove abbiamo creato un piccolo laboratorio di co-working con dei giovani sarti del posto. Il team africano è poi completato da un fotografo che ci aiuta a sviluppare i suggestivi lookbook per la collezione.
Francesca: Io faccio la spola tra Milano e Dar es Salaam per selezionare i tessuti dai mercati locali e seguire la produzione.
Il team italiano è invece prevalentemente composto da donne, tutte professioniste con un background nella moda ad alto livello; sono un contributo prezioso all’aspetto finale delle creazioni Endelea. Qui a Milano ci occupiamo di sviluppare i prototipi della collezione, gestiamo la presentazione web del progetto, dall’ e-commerce ai social, curiamo la logistica e l’organizzazione degli eventi di presentazione. Questo progetto ci ha fatto incontrare e grazie a lui siamo diventati una grande e bellissima famiglia unita da un obiettivo comune.
Stella: L’Ambasciata Italiana in Tanzania ha giocato qualche ruolo nella realizzazione del progetto?
Francesca: Sono molto grata all’Ambasciata italiana in Tanzania per il supporto che ci ha fornito nelle fasi iniziali del progetto. Concretamente è stata un facilitatore per il networking sul territorio, ovvero ci ha aiutato a reperire i contatti di persone locali che potevano aiutarci ad avviare il progetto Endelea.
Questo perché anche l’ambasciata ha individuato nella moda uno degli asset fondanti del nostro Paese e si sta impegnando perché questa possa attecchire anche in Tanzania, visto che è un settore praticamente inesistente. Non a caso, l’ambasciata italiana è uno dei primi promotori della Swahili Fashion Week, evento a cui spero di poter portare un giorno anche le creazioni di Endelea.
Stella: Sono sicura che ci riuscirete!
Oggi uno dei temi caldi nel mondo della moda è il problema della “cultural appropriation”, ovvero l’azione di impadronirsi creativamente di un elemento/segno distintivo di una etnia\cultura e sfruttarlo per soldi, tagliando fuori dai profitti coloro da cui si trae “ispirazione”.
Stella: Apprezzo molto che Endelea si trovi sul versante opposto di questa pratica, perché vi impegnate a mantenere attivo il dialogo Italia e Tanzania: sostenete l’economia locale sia acquistando i tessuti originali che lavorandoli in loco, e quando si tratta di fotografare il prodotto finito avete l’accortezza di comunicare un senso di equità, facendo indossare gli stessi abiti sia a ragazze di colore che bianche.
Quindi mi chiedo qual è e quale è stata la risposta del pubblico ai vostri prodotti, considerando il vostro approccio.
Francesca: Sono felice di riconoscere che la risposta è stata positiva da entrambe le parti. In Tanzania le ragazze erano più che entusiaste di vedere i loro tessuti reinterpretati con linee diverse da quelle a cui erano abituate e credo che nelle foto questo traspaia chiaramente.
[Endelea: collezione 2019]
Francesca: Lo shooting italiano era doveroso per dimostrare la vestibilità dei capi anche su una diversa carnagione. Volevamo comunicare un senso di equità e con le prime vendite private abbiamo capito di aver centrato l’obiettivo: per quante differenze pensiamo ci siano tra una ragazza in Italia e una in Tanzania, la reazione davanti allo specchio, quando si indossa un capo in cui ci si sente bene, è sempre la stessa. E’ una cosa bellissima a vedersi, noi donne siamo diverse in moltissimi aspetti, ma ce ne sono altrettanti che ci accomunando l’una all’altra anche dall’altra parte del mondo.
Stella: L’importanza culturale del vostro progetto sta proprio nell’intenzione di voler creare ponti e non barriere, concetto che ancora oggi viene fortemente sottovalutato o peggio non considerato. Perché secondo te è importante creare progetti ambivalenti come questo, quando si interagisce con culture diverse dalla propria?
Francesca: Penso che restando sempre chiusi dentro delle mura prima o poi si soccombe alle proprie dinamiche. Non c’è crescita, non ci sono stimoli al miglioramento, perché manca il confronto con qualcosa o qualcuno di diverso da noi. Ecco perché ritengo sia importante ampliare i propri orizzonti e mettersi in discussione con umiltà; l’Africa a questo proposito rappresenta una fonte incredibile di stimoli ed input.
Francesca: Ma affinché ci sia un miglioramento reale deve esserci rispetto e parità: per questo un ponte andrebbe sempre visto con la possibilità di un doppio passaggio.
Nel caso di Endelea, questo ponte ci ha permesso di acquisire conoscenze che prima non avevamo, ma allo stesso tempo ci ha permesso di aiutare questi ragazzi ad apprendere un metodo di lavoro che non avevano prima.
Il confronto aiuta a farci capire che la nostra visione del mondo non è mai assoluta e superiore, ma sempre relativa.
ENDELEA: La collezione 2019
Abbiamo approfondito la storia e l’etica del brand Endelea.
Che ne dite di passare al prodotto moda vero e proprio?
Gonne, mini abiti ad A, crop top, pantaloni e capispalla: le opzioni sono molteplici, sia in termini di coordinati che spezzati. Il design dei singoli capi è molto pulito ed essenziale, scelta molto intelligente, perché a farla da padrone sono le vibranti stampe Wax, a motivi geometrici o naturalistici.
L’offerta urban casual di Endelea brilla per quelli che in gergo si definiscono “statement pieces”, capi d’effetto, che potete adattare senza sforzo alle diverse occasioni d’uso giocando con lo styling dei singoli capi.
Un consiglio? Lasciate che sia la stampa a rubare la scena: puntate a colori neutri per complementare il vostro look e abbiate cura di dosare gli accessori per conservare un appeal più fresco e attuale.
Sul sito ufficiale troverete anche un vasto assortimento di accessori come le note fasce per capelli, le morbide borse, collane e orecchini sempre realizzati in tessuti wax. Noi abbiamo testato con piacere sia le fasce per capelli che le pratiche Tote Bag, e non potremmo essere più soddisfatte di questa vivace aggiunta ai nostri guardaroba.
Volete dare un tocco bold anche alla vostra casa? Allora potete sbirciare la sezione Living, la new entry della collezione 2019, dove le caratteristiche stampe wax danno vita sia a federe per cuscini che a tovagliette doubleface.
Che sia un regalo a voi stessi oppure ad un’amica, sappiate che tutti i prodotti Endelea sono acquistabili online, sul sito ufficiale endelea.it .
Siete pronti a sognare in grande?
Instagram: @endelea_official