Professione Fashion Designer : a tu per tu con Daniele Niboli

Se dovessi citare un settore particolarmente vessato da frasi fatte, stereotipi e giudizi immediati, quello sarebbe senza ombra di dubbio il settore della moda.

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Quando si parla di moda gli schieramenti sono sempre netti: c’è chi la vede come una chimera irraggiungibile e la guarda con occhi sognanti; chi la guarda dall’alto al basso, con superiorità, perché la percepisce come un qualcosa di scarso valore. Da qualunque lato della barricata vi troviate, il mondo della moda risulta sempre lontano dalla realtà e popolato da pochi eletti, che hanno l’onore di apprezzarlo da vicino.

Ad accorciare le distanze fra noi & il fashion system sono arrivati i social network: uno stream continuo di foto e video, con i quali l’industria della moda si racconta ad un pubblico ben più vasto della nicchia a cui era abituato. Tuttavia, poiché l’attenzione dei media e quindi del pubblico, si concentra solo sull’estetica e sul prestigio del prodotto finale, il valore della filiera produttiva si perde e passa in secondo piano.

Può sembrare una semplificazione brutale, ma è la realtà.
Una semplificazione che su Sugareal non ci sentiamo di fare, perché dietro ad ogni prodotto di questa incredibile filiera, c’è il lavoro ed il talento di tantissime persone, che meritano un riconoscimento.
Considerate che solo in Italia la filiera del tessile moda conta più di 46 mila aziende e 400 mila addetti, e per gli amici economisti all’ascolto, parliamo di un fatturato di circa 54,12 miliardi solo nel 2017.

Che dite, è il caso di andare oltre il bel faccino dell’ influencer ?

Riuscire a parlare con gente del settore non è semplice, soprattutto se ad alti livelli…tuttavia sommando alla nostra curiosità, la provvidenzialità delle ragazze di Fabrique Handmade, l’intraprendenza dei talenti bresciani e una sana dose di…fortuna, siamo riusciti ad organizzare un’intervista in piena regola ad un raro esemplare di fashion designer di prêt-à-porter di lusso.
E nemmeno uno qualsiasi: un bresciano DOC, leone ascendente leone, fashion designer per Blumarine donna; nel suo CV figurano esperienze in Dolce & Gabbana e Loro Piana.
Ah e vi ho detto che è un fan di Rihanna?

IS PERFECTION REAL??

Il suo nome è Daniele Niboli, classe ‘86, un semplice ragazzo di provincia che è riuscito a fare della sua passione un lavoro di tutto rispetto.
Insieme abbiamo passeggiato per le vie del centro, io armata di domande e curiosità, lui di pazienza e voglia di raccontarsi.
Con noi si è aperto come un libro e siamo sicuri che la lettura saprà rapirvi!

Stella: Quando è iniziata la tua passione per la moda?

Daniele: Sono sempre stato un amante del bello, dell’arte, della fotografia e della musica, ma l’amore per la moda è sempre stato con me fin dall’infanzia.
E non lo dico per dire: mia madre racconta sempre che quando mi portava in giro in bici e si passava davanti ad una chiesa con una sposa, impazzivo letteralmente.
Avevo solo 2 anni.

Stella: Da bambino affascinato dal bello a fashion designer; hai sempre avuto le idee chiare sul tuo percorso?

Daniele: Dopo il liceo sapevo di volermi approcciare al mondo della moda, ma questo non mi ha reso immune a qualche incertezza.
Per quanto volessi dedicarmi alla moda, a casa avevo iniziato a nominare la facoltà di architettura; l’idea di dire a mio padre voglio fare lo stilista non mi sembrava un’impresa facile. Per mia fortuna quella si è rivelata una paura infondata: temevo che la mia famiglia non mi avrebbe mostrato supporto, invece è stato l’opposto!
E mio padre ha saputo farmi il regalo più bello, mi ha permesso di essere me stesso senza nessun pregiudizio e questo non lo dimenticherò mai.
Superato questo scoglio, dovevo reperire quante più informazioni possibili sul panorama delle scuole di moda a mia disposizione: sono andato dritto alla fonte, ho preso un treno per Milano e ho visitato di persona le principali scuole di moda. La scelta è caduta sullo IED, quindi ho lasciato la mia piccola Trenzano (Bs) per trasferirmi a Milano.

Stella: Il sostegno della famiglia è sempre un aspetto cruciale ed è molto bello che ne parli.
Mi chiedo però quanto pesi la scelta della scuola, per riuscire ad impostare una carriera in questo ambito: è il caso di dire che “l’abito fa il monaco” ?

Daniele: L’impostazione della scuola gioca sicuramente un ruolo importante, perché ti fornisce le informazioni e gli strumenti per approfondire la materia. Tuttavia, se guardo alla mia esperienza, posso dire che a fare la differenza sei tu e l’impegno, lo spirito con cui affronti il percorso di studi: devi chiederti quanta dedizione sei pronto a mettere in ciò che fai e metterla in pratica. Io sono sempre stato uno stacanovista ed un perfezionista; non ho mai avuto paura di lavorare sodo e non so darmi pace finché non porto a termine un lavoro, esattamente come deve essere fatto.
Ci ho messo poco a diventare l’incubo del Job Placement della scuola: mentre altri studenti preferivano prendersela con più calma e dedicarsi ai colloqui di lavoro solo dopo la tesi, io ero impaziente di fare esperienze lavorative, volevo darmi da fare e concretizzare il lato pratico della mia formazione.
Così ho cominciato a fare colloqui ancor prima di dare la tesi e ad una settimana dalla laurea, mi stavo già trasferendo a Borgosesia,un piccolo paesino nel vercellese, per iniziare la mia prima esperienza lavorativa per un’importante brand di lusso: Loro Piana.

Stella: Beh una vera esperienza di prim’ordine! A cui segue però un’altra altrettanto prestigiosa: da Loro Piana a Dolce & Gabbana, siamo sempre nel settore lusso, ma le due aziende non potrebbero avere un’estetica più diversa. Come ti sei trovato?

Daniele: Con Loro Piana ho vissuto un anno bellissimo dove ho iniziato a muovere i primi passi, ma quando sono stato contattato da Dolce&Gabbana l’emozione era alle stelle: superati i 3 colloqui di valutazione, ho rifatto la valigia e sono tornato a Milano per cominciare questo nuovo ed emozionate capitolo della mia vita, che è durato circa 5 anni.
Mi trovavo in un’azienda molto diversa da quella in cui mi trovavo prima, con una notevole esposizione mediatica, ma Dolce&Gabbana rispondeva al mio desiderio di volermi approcciare creativamente ad un prodotto che fosse “più moda”, perciò ero molto motivato a vivere a pieno l’esperienza per imparare quante più cose possibili.
Dopotutto ero nell’ufficio stile della linea donna, avevo l’opportunità di lavorare a stretto contatto con due dei più famosi creativi a livello mondiale [Stefano Gabbana e Domenico Dolce] e di seguire passo-passo l’evoluzione e la concretizzazione di ogni processo creativo. A conti fatti posso dire di aver imparato qui il mio lavoro, anzi d’essere cresciuto, perché d’imparare non si smette mai.

Stella: Ed ora sei fashion designer in Blumarine ! Ti sembrerò banale, ma alla luce delle tue esperienze, ti sei mai sentito “arrivato”?

Daniele: No e per vari motivi. Da un lato il mio carattere, per il quale non mi sento mai “arrivato” o migliore degli altri; dall’altro non mi sono mai fatto false illusioni sul mondo della moda: sono sempre convinto del fatto che ottieni risultati quanto più fatichi e ti impegni. I piccoli traguardi che ho raggiunto me li sono guadagnati lavorando sodo. So che è facile pensare al mondo della moda come ad un universo parallelo dove è tutto facile, ma la verità è che parliamo di un settore come ce ne sono altri, dove la gente lavora dalla mattina alla sera per portare a casa un risultato.

Stella: Come dici tu, parliamo sicuramente di un settore che ha la stessa dignità degli altri, dove l’impegno e il lavoro delle persone ha un valore. Immagino però, che quando qualcuno ti chieda della tua professione, i cliché siano all’ordine del giorno…

Daniele: Appena dico “si, sono fashion designer” la gente risponde “ah, quindi disegni e basta”, ma in verità il disegno è solo la punta dell’iceberg.
Attualmente in Blumarine lavoriamo a 6 collezioni l’anno (capusle collection pre-invernale, per-collezione invernale, sfilata invernale; capusle collection pre-estiva, per-collezione estiva, sfilata estiva), e per ogni collezione si segue lo stesso processo di sviluppo.
Si parte sempre da una prima fase di ricerca e ispirazione: si tratta di una fase molto emotiva, perché l’ispirazione può arrivare da qualsiasi cosa. Nel mio caso può essere una canzone, una passeggiata all’aria aperta, una mostra, un quadro e tutto ciò che mi provoca un’emozione. Qualunque sia il punto di partenza è importante non perdere di vista la contemporaneità: credo sia importante che la moda continui ad essere influenzata dagli avvenimenti sociali, economici e politici in cui viviamo; è importante che sappia interpretare quello che le persone vogliono e non riescono ad esprimere.

Dopo che il mood borad è stato sviluppato,si passa alla fase pratica, dove l’ispirazione viene concretizzata: c’è il disegno, la ricerca dei tessuti, la scelta dei colori; a volte capita di partire da capi vintage da rivisitare.

Una volta ideato il modello si passa alla sua creazione, e qui giocano un ruolo fondamentale modellisti e sarti: più sintonia si riesce ad instaurare con queste figure, più è facile per il designer poter realizzare la sua idea; la sintonia tra designer e modellista è fondamentale. Ed è questo approccio più pratico a rappresentare la parte più importante del mio lavoro, nonché quella che amo maggiormente.

Appena dico “si, sono fashion designer” la gente risponde “ah, quindi disegni e basta”, ma in verità il disegno è solo la punta dell’iceberg.

Stella: Direi che il lavoro di certo non vi manca!
Ma visto che le hai nominate, soffermiamoci sulle sfilate: com’è la settimana della moda, vista dalla prospettiva di “chi la fa”?

Daniele: permettimi di rispondere con una domanda, “Ma quale fashion week???”.
Vivere la settimana della moda da spettatore è una cosa, ma dal punto di vista lavorativo è tutt’altro.
I giorni che precedono la presentazione in passerella sono un concentrato di adrenalina pura: lavoriamo tutti freneticamente giorno e notte per portare a compimento la collezione ed il culmine del nostro lavoro si riassume poi in quei 10 minuti di sfilata, quando i capi vengono finalmente presentati al pubblico.
A volte sei così preso dal lavoro che tutto il resto scorre così in fretta che nemmeno te ne accorgi. In altre parole se ci sei dentro, è lavoro puro.

Stella: Duro lavoro, ritmi frenetici e la pressione di dover dare sempre il massimo. Hai sempre trovato la forza di fare tutto da solo oppure ci sono state delle persone, dei mentori che ti hanno incoraggiato/aiutato ad andare avanti?

Daniele: A livello emotivo devo dire che il supporto più grande è sempre arrivato dalla mia famiglia, in particolare mia mamma, che ha saputo starmi vicino sia nei momenti belli che in quelli difficili.
Dal punto di vista lavorativo invece riconosco che mi ha aiutato moltissimo avere dei responsabili [direttori creativi] molto carismatici come Michele Cozzani Ditria, che è stato il mio direttore creativo durante la mia permanenza in Loro Piana, e Lorenzo Serafini (attuale direttore creativo di Philosophy), che è stato il mio responsabile mentre lavoravo per l’ufficio stile di Dolce&Gabbana; con quest’ultimo si è instaurato fin da subito un bel feeling: è una persona che stimo molto sia dal punto di vista creativo che umano.
Ho fatto tesoro dell’opportunità e della fortuna di poter lavorare con loro, ed ho imparato moltissimo così facendo. Inoltre caso vuole che entrambi abbiano avuto un passato in Blumarine, ed ora ci lavoro io: forse è solo una simpatica coincidenza, ma mi piace avere qualcosa in comune con loro.
Infine, ma non per ordine d’importanza, la sig.ra Anna Molinari, stilista e proprietaria di Blumarine, che è una donna di grande carisma e generosità, con un energia esplosiva.

Stella: Una coincidenza che ti auguro sia di buon auspicio!
Dalla’alto della tua esperienza, cosa augureresti ad una persona interessata a precorrere la tua stessa strada? Quali consigli gli o le daresti?

Daniele: Sicuramente di non perdere tempo, perché prima ci si inserisce, meglio è!
E’ importante non pensare alla moda come ad un lavoro che non richiede impegno, perché la delusione è dietro l’angolo.
Auguro poi ad ogni candidato di non perdere mai la passione per questo lavoro, perché non è una professione che si può esercitare meccanicamente, senza emozione.
Infatti sono convinto che per riuscire in questa professione sia importante sapersi emozionare: lo vedo sulla mia pelle, dalle sensazioni che provo davanti ad un tessuto, una particolare lavorazione oppure una sfilata; riconosco che senza quella vena emotiva e personale non potrei andare avanti.

E a giudicare dai suoi lavori, da come ne parla, gli auguriamo sicuramente di non perdere mai questa passione e le emozioni che porta con sé: il ragazzo ha talento e sicuramente sentiremo ancora parlare di lui in futuro, visto che ci ha svelato di avere in cantiere un nuovo progetto personale, perciò un super in bocca al lupo da Sugareal!

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Stella

Editor-in-Chief

Credo tutto sia iniziato con la mia passione per la scrittura e la curiosità verso il mondo della moda. SUGAREAL è il risultato dell’incontro di queste due passioni (nonché una sorta di figlio per me). Quando non parlo di moda o delle (dis)avventure dell’essere mamma, mi perdo nella musica e nelle serie tv.

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